Incendi dolosi in città, cronaca di una notte fin troppo calda a Comiso

Mentre bruciava inesorabilmente la pineta di Chiaramonte e gli iblei erano un unico grande rogo, a Comiso alcuni deficienti hanno visto bene di crearsi il loro incendio personale. 

La notte tra il 30 giugno e il primo luglio non avrei mai pensato di viverla in questo modo.

Prima le immagini spettacolari e terrificanti, nel loro orrore, della montagna che brucia, della pineta di Chiaramonte in lontananza che rischiara il cielo. Francesco che chiede “Papà, ma si sta avvicinando, non ci va nessuno a spegnerlo?” E io che da un lato rispondo che “Si, ci saranno i pompieri, tranquillo” e dall’altro penso “Non c’è nessuno, sono tutti alla pineta di Chiaramonte, da qui non si vedono nè lampeggianti nè niente”.

Poi i contatti con la protezione civile e con Nunzio Micieli, il dirigente che ormai di notte sta diventando una frequentazione fissa quando i problemi sono seri: vuoi per la necessità di aprire il cimitero in occasione di eventi luttuosi imprevisti, vuoi per l’impellenza del pronto intervento per alluvioni, incendi e trombe d’aria.

Naturalmente all’incendio di Canicarao non sta davvero pensando nessuno: decidiamo di mandarci una nostra unità della protezione civile, visto che il fuoco sta per avvicinarsi al centro abitato. Sembra la scelta più utile per proteggere l’abitato dato che tutti i Vigili del Fuoco, ad eccezione di una squadra di Vittoria, impegnata in contrada Manco, sono concentrati su Chiaramonte Gulfi, dove addirittura si sta evacuando la popolazione anziana.

Sembra.

Non facciamo in tempo a partire che Francesca Cabibbo, la giornalista di Gds, mi avvisa di un incendio in zona Monserrato, vicino al Convento che è anche casa di riposo. Cambio di programma, chiamo Fabrizio Pagliari: unità richiamata e tutti a Monserrato dove la situazione è spaventosa. Siamo una unità soltanto e davanti abbiamo tre fronti di fuoco in pieno centro abitato: uno lambisce i resti del Palaroma e il convento, uno divampa nei terreni del quartiere che sovrasta via Roma, da via Epicuro a via Lister, il terzo interessa le aree ai bordi di via Mario Battaglia. Tocca scegliere e i mezzi sono limitati. E intanto sono sempre attivi, anche se ancora lontani, i fronti di Canicarao e di contrada Manco. Un incubo.

Mettiamo il convento in sicurezza e chiamiamo in aiuto i Vigili del Fuoco impegnati in contrada Manco. Appena ci raggiungono ci dirigiamo in via Epicuro dove il fuoco sta per raggiungere le case.

Non esistono parole per spiegare il sollievo degli amici e degli abitanti del quartiere in strada alla vista dei soccorsi. Cominciavano a temere davvero il peggio.

Però servono ancora rinforzi: il pick up della protezione civile non è un camion dei pompieri, la pompa si surriscalda per l’utilizzo prolungato, il getto non è sufficiente a raggiungere anche gli angoli più lontani.

Arriva il Sindaco: Filippo si è messo addosso la prima cosa che ha trovato e si è precipitato per unirsi alla squadra di pronto intervento. La rapidità con la quale si passa in un’ora e mezza dall’assistere insieme ad uno spettacolo in teatro al cercare di coordinare azioni di pronto intervento per salvare dalle fiamme un paio di quartieri cittadini fa parte di quelle cose della vita a cui puoi credere solo dopo che ti sono capitate. Viceversa sarebbe relegata a fantasia o, più probabilmente, a fanfaronata.

Arriva Vito Micieli con l’autobotte del Comune attrezzata con la lancia idrante. Possiamo essere più veloci e più efficaci. I collegamenti con i pompieri intanto riferiscono che l’incendio nell’area del Palaroma è domato, esiste un focolaio verso il quartiere Grazie verso il quale stanno immediatamente dirigendosi .

Gli abitanti del quartiere ci dicono di averli visti chiaramente, i due ragazzi in scooter che hanno appiccato tre incendi in rapida successione. Ecco perchè i tre fronti contemporanei, ecco perchè lo scenario era così difficile da affrontare. Non si trattava di eventi naturali calamitosi e ovviamente non certo di autocombustione. Era, come capita nella maggior parte dei casi, la peggiore delle calamità esistenti, la stupidità umana, la causa di tutto.

E’ la volta di via Mario Battaglia, con gli interventi in successione per mettere in sicurezza le case, un allevamento di animali, dei cuccioli impauriti. Tutto accade tra gli amici, i concittadini, i ragazzi che osservano, danno una mano, ci regalano qualche bottiglia d’acqua. Andrea Indigeno, uscito da casa per cercare aiuto, diventa lui stesso l’aiuto, salendo sull’autobotte e trasformandosi da soccorso in soccorritore.

Sono le due di notte ma fa caldo come alle due del pomeriggio. Il buio c’è ma per finta: le fiamme sulla montagna continuano a illuminare la notte in cui pare abbia cessato di esistere una pineta storica, vanto dell’intera Sicilia. Insieme a case, terreni, aziende agricole, allevamenti e chissà cos’altro.

Il peggio ora è passato. I fronti sulla montagna appaiono sotto controllo, i cittadini prima allarmati sono tornati a dormire. Resta il tempo per una verifica degli ultimi focolai spenti, per riflettere che Fabrizio Licata ha chiesto di andare alla protezione civile per stare più tranquillo rispetto a quando si occupava di manutenzioni (quando uno se le va a cercare eh?) e per un post rassicurante su facebook (e ti accorgi che sembrava superfluo ma un sacco di gente non aspettava altro che avere notizie precise su quello che stava succedendo anche alle 3 di notte). Da noi è andata bene, da altre parti non altrettanto purtroppo.

Al mattino si sveglia Francesco: “Papà, ma dov’eri stanotte? Com’è finita con gli incendi?”. “Ero andato a spegnerli, Francio, tutto a posto”. Non avrei mai immaginato di poter avere una risposta del genere per mio figlio. Me la terrò cara insieme al sorrisone che ha prodotto.

Rispondi